Il monitoraggio ecografico nella PMA
Sempre più coppie ricorrono alla PMA (procreazione medicalmente assistita) al fine di ottenere una gravidanza. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha riconosciuto l’infertilità come una vera e propria patologia. Essa può dipendere da problematiche maschili o femminili, oppure dal fatto che la gravidanza è stata troppo a lungo rimandata, al punto da concentrarsi in un periodo in cui l’efficienza del sistema femminile si riduce in maniera significativa.
La PMA è composta da diverse tappe e richiede il ricorso alla fecondazione extracorporea. Ogni donna ha un variabile processo di invecchiamento dell’apparato riproduttivo ed è per questo che è necessario che deve essere sottoposta ad una serie d’indagini per valutare la morfologia dell’utero, delle ovaie e delle tube. Ciò può essere effettuato attraverso un controllo ecografico, che permette di valutare la parte muscolare (porzione esterna) e quella endometriale (porzione interna) dell’utero.
Il primo controllo va eseguito mediante ecografia transvaginale durante le mestruazioni per controllare la quantità e la qualità dei follicoli. Di seguito si monitora lo sviluppo follicolare in maniera costante attraverso ecografie e dosaggi di estradiolo (generalmente ogni 2 – 3 giorni). Si prosegue fino a stabilirne il momento ideale per il prelievo degli ovociti (in media 3 – 4 volte) fino al raggiungimento di dimensioni periovulatorie (16 – 20 mm).
Per quanto riguarda le tube, l’ecografia pelvica permette di diagnosticare solo i fattori tubateci molto evidenti, come nel caso di eventuali sactosalpingi (dilatazioni delle tube). La valutazione della pervietà tubarica richiede l’esecuzione di una isterosalpingografia, che è un esame invasivo che consiste nell’iniettare un liquido di contrasto attraverso il collo uterino e nell’effettuare radiografie in serie per analizzare il transito attraverso la cavità uterina e le tube.
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